Monday, December 21, 2009

ARBEIT MACHT FREI

mi pesa, confesso che mi pesa parlare di questo...
E' da venerdì 18 che giro intorno al dolore che queste tre parole mi procurano dentro... come potevo spegnere la luce di Chanukkah e mettermi a dire che hanno rubato la famigerata scritta che è appesa da decenni sulla famigerata bocca dell'Inferno che è l'entrata di Auschwitz 1... non potevo fermare la danza del dreidel e piangere su questo nuovo, schifoso atto di dispregio.


So che oggi la scritta è stata ritrovata, magari riceveranno soldi per la restituzione... io non so se l'avrei cercata, mi basta la copia, l'Orrore non cambia.

Ciò che resta di questa esperienza è il dolore di chi fa della "Memoria" la mitzvà quotidiana. E per queste persone non ci sono soldi, non c'è mai ricompensa, anzi non si trovano i fondi per stampare i libri, non si trovano contributi per le spese che si sostengono, si lavora di giorno e di notte per poi vedere che c'è chi può procurarsi la scala e staccare la scritta Arbeit macht frei... e chi riceve compenso per la restituzione!


..... Ma lo spirito didattico non viene mai meno, ed ecco allora che vi racconto da dove vengono quelle tre paroline: Abeit macht frei. Forse non sapevate che è uscito in lingua tedesca nel 1873 un romanzo di Lorenz Diefenbach, un linguista, un amante della ricerca della parola, un amico di Jacob Grimm, era menbro dell'Accademia delle Scienze di Berlino, un sostenitore della valenza del dialetto, fra il resto scrisse anche un glossario latino-tedesco di grande valore ancora oggi... mai avrebbe potuto immaginare che il titolo del suo romanzo Arbeit macht frei, pubblicato anche su un quotidiano viennese, avrebbe potuto diventare un motto tanto infame!
Nel suo libro Lorenz Diefenbach racconta la storia di un imbroglione, un truffatore che grazie all'impegno e al "lavoro" ritrova la retta via....

Terribile il programma nazista che anni dopo dissacrerà il lavoro e lo farà diventare uno strumento di schiavitù, di tortura e di morte.

E quella famigerata scritta verrà inaugurata nel primo Lager, sarà infatti la scritta che è sul cancello del KZ di Dachau... e poi la ritroveremo a Sachsenhausen, a Flossenbürg, a Gross-Rosen a Terezin








a Auschwitz 1Quella di Auschwitz 1 è in ferro battuto, è issata sull' entrata, è stata commissionata dal comandante del Lager Rudolf Höss all'internato numero 1010, prigioniero politico polacco, non ebreo, entrato nel Lager nel giugno 1940, raffinato lavoratore del ferro che istruirà altri internati in questa arte e produrranno cancelli, cancellate, lampadari, inferriate e un'infinità di altri raffinati lavori che andranno ad accontentare gli ordini delle SS. Il nome dell'internato numero 1010 è Jan Liwacz. Rimarrà ad Auschwitz fino al dicembre 1944. Trasferito a Mauthausen sopravvisse e raccontò...

... disse che nell'officina fecero volutamente un errore nel forgiare la B di ARBEIT la fecero capovolta... un dispregio al perfezionismo maniacale della follia nazista!
.......


Che dire... c'è da affogare nelle lacrime...

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