Sunday, November 29, 2009

Zug der Erinnerung.... così si chiama un progetto in Germania: un treno che da anni ripercorre le varie stazioni delle varie città tedesche dove durante il nazismo furono caricati esseri umani trattati come "pezzi".E nelle stazioni quel treno fa sosta e all'interno dei vagoni sono allestite mostre e si tengono conferenze, dibattiti, si raccolgono testimonianze, si rivive il dolore... e questo per ricordare... che questo è stato


29 novembre 1944. Il treno partito da Birkenau arriva al Lager di Neuengamme. Scendono I 20 bambini. Fra loro Sergio de Simone, un bambino italiano. E' il suo compleanno!

Sergio nasce a Napoli il 29 novembre 1937. È il sole per mamma Gisella, che a casa suocera e parenti del marito chiamano “l’ebrea”. Con le leggi razziali e poi la guerra che costringe a partire il marito Edoardo, capitano, Gisella decide di tornare nella sua casa natale a Fiume. Qui la vita sembra serena, Sergio gioca con Andra e Tatiana, le amate cuginette, ci sono gli zii, c’è nonna Rosa. Ma lo spettro della persecuzione razziale avanza con la sua ombra nera. La paura è nell’aria, niente asilo per i bambini, niente scuola pubblica per gli ebrei, niente lavoro, niente di niente! Poi bruciano la sinagoga lasciando nell’aria un odore acre di morte, poi la delazione, poi l’uomo “con il cappotto nero lungo” e nonna Rosa che supplica, che piange. A nulla servono le lacrime, tutta la famiglia Farberow Perlow Bucci De Simone viene strappata dalla casa. Andra e Tatiana hanno avuto la varicella, sono convalescenti, Andra ha ancora la febbre. Per lei, per tutti, c’è la Risiera di San Sabba e poi il convoglio 25T con destinazione Auschwitz, è il 29 marzo1944. È la notte del 4 aprile quando vengono scaricati sulla rampa di Auschwitz-Birkenau. Qui comincia la selezione, nonna Rosa viene mandata subito a destra, caricata su un camion e spedita al gas. Mamma Mira con le bimbe Andra e Tatiana vanno a piedi a Birkenau, con loro zia Gisella e l’adorato Sergio. Vengono tutti tatuati. Mira si fa avanti per prima… da quel momento sarà il numero 76482, Andra il 76483, Tatiana il 76484. Anche zia Gisella diventerà un numero, il 76516, Sergio sarà 179614. Sergio e le cugine la stessa notte furono separati dalle loro mamme e spediti nella baracca dei bambini, la baracca 11. Il nome di Sergio appare in un raro referto medico, uno dei pochi documenti che non sia stato distrutto (le SS, infatti, prima di abbandonare il campo di sterminio il 17 gennaio 1945, bruciarono tutte le prove che attestavano quanto successo ad Auschwitz-Birkenau).
Il documento è datato 14 maggio 1944, e riferisce di una visita alla gola fatta a Sergio… È firmato dal dottor Mengele… Si tratta di un importantissimo documento perché conferma la presenza dei “bambini di Bullenhuser Damm” nel campo di Birkenau. Da quell’inferno Gisella tornò, tornò anche la sorella Mira, tornarono anche le bimbe Andra e Tatiana… Sergio no, lui non tornò, fu sopraffatto dall’inganno dell’uomo nero che gli fece tanto, tanto male. Ma per mamma Gisella Sergio non era morto. “È tanto bello – diceva – nessuno oserà fare del male a un bambino così bello.”
Resterà per sempre in un giardino di rose bianche nella scuola-museo di Bullenhuser Damm. Sergio de Simone è uno dei 20 bambini.

Saturday, November 28, 2009

Una fredda mattina di novembre del 1944 a Birkenau...

Il dottor Mengele, l’angelo della morte, si presenterà una fredda mattina di novembre del 1944 nella Baracca 11 e dirà:
“Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti…”
La storia potrebbe finire qui… ma se lasciassimo al lettore il compito di trovare un finale, se anche gli dicessimo di immaginare la sorte più tragica, nessuno riuscirebbe ad avvicinarsi al vero!
… e i bambini si sono fatti avanti, sognano l’amore negato, sperano di ritrovare il calore dell’abbraccio della mamma, confidano nella dolce promessa di quelle parole, si affidano al
sogno, assaporano i baci, si struggono dal desiderio, pregustano la gioia di quel volo, del tuffo fra quelle braccia tanto sognate… ritrovano per un attimo le gioie rubate… si fidano e… piombano nell’inferno più nero. Li aspettano non le braccia della mamma a far loro da culla, non i baci che consolano, non la ninnananna che scalda e accarezza... ma mesi di strazi, di febbre, di abbandoni, di interventi chirurgici alle ghiandole linfatiche. Dalla baracca 11 vennero presi 10 maschi e 10 femmine con la promessa delle “braccia della mamma”. I 20 bambini di età compresa fra i 5 e i 12 anni furono caricati su un camion che li portò da Birkenau alla stazione ferroviaria di Auschwitz.
Sono i 20 bambini di Bullenhuser Damm!
È il 27 novembre 1944, la mamma di uno dei 20 bambini vede questo gruppo di angeli allontanarsi dal campo. È Mania Steinbaum, la mamma di Marek… potrà solo salutarlo con la mano.
A lei, sopravvissuta ad Auschwitz e poi al campo di Theresienstadt, resterà per sempre il lancinante dolore di quel ricordo…
Il comandante del campo aveva mandato a chiamare la dottoressa Paulina Trocki ordinandole di accompagnare i bambini insieme a tre infermiere, fra cui una esperta di laboratorio. Il trasporto era sorvegliato da una SS, il treno era un treno normale, tale appariva dall’esterno. Per evitare che la gente si avvicinasse era stato detto che il carico trasportava malati di tifo. Il piccolo Georges-André Kohn quando riconobbe dal finestrino la città di Berlino disse: “Se solo conoscessi qualcuno, se avessi un indirizzo, scapperei…”.
I nostri 20 bambini sono sul treno. Sono curati, ricevono cioccolato, latte. Dopo due giorni, il 29 novembre 1944, il treno arriva nel lager di Neuengamme. *
....
* tratto dal piccolo libro: Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti I 20 bambini di Bullenhuser Damm Una carezza per la memoria. Proedi Editore

Tuesday, November 24, 2009

24 novembre

Era il 24 novembre 1941 quando fu istituito il ghetto di Terezin. Si trova a circa 60 km da Praga. Venne definito il “ghetto dei bambini”.
Il ghetto di Terezìn durante la seconda guerra mondiale fu costruito come campo di passaggio per tutti gli ebrei del territorio del cosiddetto “Protettorato di Boemia e Moravia”, istituito dai nazisti dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, fu il maggior campo di concentramento sul territorio della Cecoslovacchia.
Più tardi vi furono deportati anche gli ebrei della Germania, Austria, Olanda e Danimarca.

Il ghetto fu aperto il 24 novembre 1941 e sarà liberato l’8 maggio 1945.
Tante sono le storie che si possono raccogliere e raccontare sul ghetto di Terezin...
Forse non tutti sanno che si dice che Theresienstadt fu come il "villaggio Potëmkin"...
per capire questo paragone bisogna conoscere tutto il dramma legato agli ebrei danesi deportati a Terezin... fu insistentemente richiesto, per conoscere la loro fine, l'intervento della Croce Rossa Internazionale... e l'intervento a Terezin ci sarà. La visita avvenne il 23 giugno 1944, il delegato della Croce Rossa Internazionale era lo svizzero Maurice Rossel. La visita durò dalle dieci del mattino alle sei di sera. La delegazione venne guidata dal comandante Rahm e da Paul Eppstein. Nella grande piazza di Theresienstadt i nazisti avevano fatto costruire un padiglione per concerti, Rossel vi vide i prigionieri suonare in una atmosfera totalmente falsa. A Rossel venne mostrato un asilo per neonati e bambini piccoli... gli incaricati della Croce Rossa quindi non videro o non vollero vedere la verità... i nazisti furono eccellenti falsari, costrinsero i poveri deportati a fingere, costruirono un falso villaggio (come il villaggio Potëmkin fatto costruire per ingannare Caterina II di Russia). Nel falso villaggio di Terezin si mangiava, si rideva, si viveva.... c'erano bambini, c'erano fiori... Rimando ad un altro momento raccontare cosa successe a Terezin nei giorni successivi la visita della Croce Rossa Internazionale... ne seguirà solo morte, mesi di morte.
............
Gli internati nel ghetto di Terezin furono oltre 140.000. Ne morirono circa 35.000 Fra i prigionieri del ghetto di Terezìn vi furono all’incirca 15.000 bambini. Solo un centinaio di ragazzi di età superiore ai 14 anni sopravvivrà.
............
La comunità ebraica di Theresienstadt fece tutto il possibile affinchè tutti i bambini nel ghetto potessero studiare e continuare il percorso educativo. Quotidianamente si tenevano lezioni ed attività sportive; inoltre la comunità riuscì a pubblicare una rivista illustrata, Vedem, che trattava di poesia, dialoghi e recensioni letterarie ed era completamente prodotta da ragazzi di un'età compresa tra i dodici ed i quindici anni. Alla fine della guerra verranno salvati 4000 disegni e 66 poesie dei bambini e ragazzi di Terezin. Questo attestato di dolore è un patrimonio di inestimabile valore, possiamo leggervi la sofferenza quotidiana, i sogni, i desideri, il vuoto d'amore, la struggente nostalgia... Erano 15.000 bambini

Ecco una poesia


La Farfalla di Pavel Friedmann

L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
- così gialla, così gialla! -
l’ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà la mia settima settimana
di ghetto...
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.

Wednesday, November 18, 2009





Baracca 11 a Birkenau



La Baracca dei bambini. Questo è quello che resta oggi di quella Baracca...
Molte sono le notizie che i sopravvissuti ci hanno portato di quell'inferno, sono informazioni preziose, che fanno male al cuore, ma ci ricordano che questo è stato...

Ecco alcune testimonianze che ci raccontano la Baracca 11

In una dichiarazione rilasciata in Israele 12 anni dopo la fine della guerra, la dottoressa Paulina Trocki affermò che: “Da fine settembre, primi di ottobre 1944 i bambini che arrivavano con i trasporti ad Auschwitz non venivano più mandati al gas (o meglio, non tutti). Alla fine dell’anno i bambini erano circa 300 in una baracca”.
La dottoressa viennese Ella Lingens ci riferisce che un giorno è stato allestito a Birkenau un blocco speciale per bambini, lì c’erano 20 bambini, 10 maschi e 10 femmine – “Me ne ricordo
bene” – dice la dottoressa. I bambini erano a letto o dovevano stare a letto… Era una baracca con il pavimento di argilla, una vecchia stalla di cavalli e sulla porta c’era ancora un cartello con scritto: ‘40 cavalli’. I bambini avevano letti a castello…
I bambini non erano malati. Ricevevano un cibo buono…
Venivano ben nutriti e ingrassati per gli esperimenti di Heissmeyer.
Un giorno venne il medico responsabile del blocco dei bambini, dottoressa Irena Bialowna, e disse che dovevano essere dipinte le pareti della baracca. A una giovane pittrice polacca fu dato, dal medico del Lager König, l’incarico di dipingere sulle pareti immagini delle favole: Capuccetto Rosso, il lupo, Biancaneve, Cenerentola. I bambini avevano tazze rosse con pallini bianchi...”
Notizie sulla Baracca 11 ci giungono anche dalla infermiera polacca Elzbieta Piekut-Warszawska che lavorò a Birkenau nella “Mengele-Kinder-Baracke”, che era vicina alla Baracca 11. Anche i bambini della baracca di Mengele erano ebrei, di diversi Paesi dell’Europa, erano gemelli. Mengele li sottopose a esperimenti per elaborare una ricerca che gli valesse il titolo di professore.
“La baracca dei bambini di Mengele era di legno con una stufa di mattoni. I letti erano brande dove i bambini dormivano in due o in quattro a seconda dell’età, non c’erano materassi, ma sacchi di paglia senza lenzuola. Su ogni branda c’erano due coperte. Il cibo consisteva in pane nero, margarina, alla domenica marmellata e pane bianco... zuppa di latte... patate con rape cotte e formaggio. Ogni giorno i bambini venivano lavati in piccole bacinelle con pochissima acqua. I bambini più grandi aiutavano.”
L’infermiera polacca ci riferisce ancora:
“Sia i bambini della baracca di Mengele sia i bambini della Baracca 11 dovevano andare all’ambulatorio per le visite. Per i bambini era molto pesante. Spaventati, stanchi, affamati e tremanti di freddo si alzavano alle sei e dovevano percorrere il chilometro e mezzo per andare dalla baracca all’ambulatorio... Era già freddo verso la fine di settembre primi di ottobre e l’ambulatorio non era riscaldato. I bambini dovevano aspettare nudi da cinque a quindici minuti finché la radiografia veniva fatta, commentata e discussa... al ritorno nella baracca spesso i bambini avevano tosse, raffreddore, febbre e anche polmonite.”


.... ricordati che questo è stato....

Sunday, November 15, 2009


15 novembre 1934 a Kattowitz nasce un bambino. Si chiama Eduard Reichenbaum. Eccolo in una foto...

Eduard Reichenbaum era figlio di un contabile e rappresentante di libri di editori tedeschi e polacchi. In casa parlavano tedesco e polacco. A raccontarci della famiglia è Jitzhak, il fratello maggiore di Eduard, sopravvissuto e trasferitosi ad Haifa. La mamma Sabina veniva da una famiglia di commercianti. “Con l’occupazione della Polonia cominciò la nostra tragedia, fummo portati prima nel campo di lavoro a Blizyn e poi, il 1° agosto 1944, nel campo di sterminio di Auschwitz. Sulla rampa di Auschwitz-Birkenau fummo separati, io fui mandato al campo degli uomini, mio fratello Eduard rimase con la mamma nel campo delle donne fino a metà novembre 1944.
Mio padre arrivò a Birkenau da Blizyn con un trasporto successivo e non lo rividi più.” Il 23 novembre 1944 Sabina Reichenbaum partì da Auschwitz con un trasporto di donne destinate
a lavorare in Germania a Lippstadt, in una fabbrica di munizioni. Sabina Reichenbaum era il numero 81. Il numero 80 di questa lista era Mania Herszberg, mamma di Riwka. Sabina sopravvisse al Lager e andò in Israele, suo marito morì: fu fucilato durante la “marcia della morte” che doveva portarlo da Auschwitz in Germania.
Il piccolo Eduard Reichenbaum finì nella Baracca 11, la baracca dei bambini, poi…
poi fra i 20 bambini di Bullenhuser Damm!

Thursday, November 12, 2009

Il mio ricordo di Inge Salomon Meyer Kamp
Inge è entrata nella mia vita un giorno di maggio di tre anni fa. Del fax con i suoi Ricordi mi colpì la foto: un interno di famiglia, al centro una giovane donna che fa luce, è così forte l'attrazione che esercita su di me che quasi mi preoccupa. Lei è al centro della foto, ma è davvero il cuore di tutto e i suoi bambini sono il suo orizzonte. Io non so come fare, non posso prendermi cura di un'altra storia che tratta di bambini, non posso perchè ho ferite aperte della tragedia che ho appena finito di raccontare... e allora faccio quello che in una storia mai si dovrebbe fare, leggo i ricordi dal fondo e solo sapendo che Inge sopravvive e ritrova i suoi bambini posso cominciare a raccontarla.
Da quel giorno mi sento come fossi la figlia di Inge, le ho voluto e le voglio bene. Davvero l'ho accompagnata nel suo tremendo viaggio... Del giorno che l'ho incontrata ricordo tutto e sento la sua carezza, ricordo il timbro della sua voce che toglie l'Umlaut al verbo che io ho maldestramente usato e soprattutto sento la fragranza del suo profumo.
Inge Salomon Meyer Kamp nata in Germania a Köln, la città del profumo. Inge nei suoi Erinnerungen non ci racconta di lei da giovane, non so da lei della sua famiglia e non mi pare il caso di chiedere... ma vengo a sapere che Inge sa l'inglese, che lo aveva imparato in un college in Svizzera, la immagino in una bella casa, cresciuta con cura e amore, la immagino ragazza che aspetta l'uomo giusto per coronare il suo sogno di donna, la vedo nell'abito bianco all'uscita della sinagoga.... Il tenore e lo stile di vita di Inge le renderà sicuramente ancora più tremenda l'umiliazione della deportazione, la violenza delle privazioni, niente le viene lasciato: via i vestiti, via le scarpe, via tutto, nuda davanti ai carnefici nazisti, via anche il nome.
Da Westerbork ad Auschwitz Birkenau.
Dal nome al numero: Inge diventerà A 25153.
Ed è qui che esce il carattere di questa donna speciale, è qui che io ho l'onore di incontrarla, stringe i denti Inge, culla nel suo cuore i suoi piccoli Rolf e Nico... Immagino che alla sera abbia cantato loro la ninnananna.
A Birkenau nel Frauenblock 29 Inge è nel tavolaccio di legno proprio sotto ad Anne Frank. E mai Inge "sfrutterà" questo ricordo. Mai!
E poi ci sarà il trasporto di metà ottobre verso Liebau, dove lavorerà insieme a 500 donne come "schiava", da metà ottobre fino a maggio 1945.
Ma con il primo sole di maggio ritornerà la speranza.
La vedo Inge con un vestito bianco e blu a righe regalatole da una donna che avrà avuto pietà di lei, la vedo tornare con un paio di scarpe da uomo spaiate.... lei che era tanto fine, che era di Köln, della città del profumo. Lei che era sposata e si ritroverà vedova...
Chi mai potrà compensare quel vuoto d'amore?
Inge era tedesca, era ebrea, ha cercato scampo con la famiglia in Olanda il 10 novembre 1938, il giorno dopo la Kristallnacht. E' stata deportata a Westerbork, poi ad Auschwitz-Birkenau e poi a Liebau.
Ho raccontato la storia di Inge mettendoci il cuore. L'ho fatto gratuitamente perchè concepisco la ricerca nella Shoah solo così. Vi posto la cover della storia di Inge, uno degli ultimi testimoni Inge è morta martedì 10 novembre a Lugano, ancora un 10 novembre nella storia di Inge. Per sua volontà Inge sarà sepolta in Olanda, la terra nella quale aveva cercato rifugio diventerà la sua terra per sempre.
La signora Inge era stata intervistata dalla TV italiana in aprile di due anni fa. Ecco il servizio in questo link:
http://www.proedieditore.it/INGE/intervista_inge.html

Tuesday, November 10, 2009




10 novembre...

Volevo raccontarvi il 10 novembre di una famiglia tedesca, stavo per iniziare a scrivere, quando mi è suonato il telefono...
nel momento in cui io pensavo alla signora Inge, lei si stava allontanando dalla vita. Io volevo richiamare alla memoria il suo vissuto e lei ci aveva lasciato...
Ma adesso ancora di più desidero farvi conoscere questa "donna speciale" che io ho avuto l'onore di raccontare e di abbracciare.

... Era il 10 novembre 1938 quando Inge Meyer Kamp, il marito, i due bambini e i suoceri abbandonarono definitivamente il suolo tedesco dopo quella tremenda violenza che chiamiamo la Kristallnacht.
Inge era nata a Colonia ed aveva sposato Fritz Kamp di Krefeld. La loro vita felice fu allietata dalla nascita di due bambini. La famiglia Kamp aveva una vita serena, ma sarà funestata dall'odio razziale: i Kamp sono ebrei.
La fuga in Olanda non sarà sufficiente a garantire la vita. I nazisti infatti arriveranno anche lì nel maggio 1940...
E qui comincia la tragedia: prima il campo di smistamento di Westerbork, i bambini affidati a contadini olandesi estranei... poi la deportazione a Auschwitz.
E' il 3 settembre 1944, Inge ed il marito saranno sullo stesso trasporto di Anne e Margot Frank...
1019 le persone in quel trasporto
460 vengono mandate subito nella camera a gas
i bambini erano 79
559 fra uomini e donne vengono tenuti in vita e ricevono il numero tatuato. Il numero tatuato di Inge è A 25153.
Inge è una delle 127 persone su 1019 che sopravviverà.
Dopo Birkenau sarà deportata a Liebau e dopo... farà ritorno dai suoi bambini. Era il 13 giugno 1945. Inge perderà i suoceri e il marito nello sterminio, ma riuscirà a ricomiciare a vivere.
Inge meriterebbe davvero tanto spazio, non si è mai vantata di avere un "ricordo" di Anne, non ha richiamato su di sè l'attenzione, ha tenuto chiuso nel suo cuore il suo dolore, la sua storia tatuata nella pelle e nell'anima... A 25153... sento davvero sul mio braccio il calore della sua carezza, sento il suo timbro di voce che mi corregge mentre io le parlo in tedesco e sono così commossa che faccio errori come una scolaretta, ma sento soprattutto il suo profumo...
Inge era di Colonia, davvero mi sono sempre chiesta se quel profumo era già nel mio immaginario prima di incontrarla...
Ho curato I ricordi di Inge e dei suoi figli Rolf e Nico Kamp Proedi Editore, con tanta delicatezza ma anche con il rigore che una documentazione storica richiede.
Sono davvero orgogliosa di avere avuto l'onore di conoscere la signora Inge e di farla conoscere.

Monday, November 09, 2009


9 novembre
Quanta storia della Germania è legata a questa data.
Prendo a prestito per la mia riflessione sul 9 novembre quanto disse per un'altra occasione il presidente tedesco R. Von Weizsaecker
" Das ist kein Tag zum Feiern, das ist ein Tag zum Nachdenken...." Non è un giorno per festeggiare, è un giorno per riflettere....
Merita fare un rapido ripasso degli eventi accaduti il 9 novembre in Germania.
Era il 9 novembre 1918 quando finì il 2° Reich e iniziò la Repubblica di Weimar.Il Kaiser Guglielmo II lasciò Berlino e cercò rifugio in Olanda.....
Ma sarà ancora nella notte fra l'8 e il 9 novembre del 1923 quando un giovane e apparentemente insignificante uomo, piccoletto con i baffi, organizza un Putsch a Monaco... Sarà l'inizio della fine... Gli eventi si moltiplicano, si fanno sempre più funesti, scorrono i giorni e gli anni e si arriva al dramma consumato a cielo aperto, sotto gli occhi del mondo che rimane muto.
E' il 9 novembre 1938, è la Kristallnacht, vetrine in frantumi, negozi saccheggiati, persone picchiate a sangue, pubblicamente insultate e deportate nei lager. E' il primo atto della "soluzione del problema ebraico". E' l'applicazione delle Leggi di Norimberga del 1935 che regolano la "non vita" degli ebrei.

Racappricciante leggere il telegramma Urgente che il comandante Reinhard Heydrich inviò a tutte le sedi e stazioni della Polizia di Stato alle ore 1,20 della notte fra il 9 e il 10 novembre 1938 dando "istruzioni" per la Kristallnacht. Il testo è al sito: http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Holocaust/Heydrichkristal.html

Ed ecco un breve Bilancio di questo Pogrom:
vennero uccise 91 persone
rase al suolo dal fuoco 267 sinagoghe
devastati 7500 negozi.
Circa 30 mila ebrei vennero deportati
nei campi di concentramento di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. Quasi tutti furono liberati nei mesi successivi, ma oltre 700 persero la vita nel campo. Quasi tutti sono stati privati della maggior parte dei loro beni. Molti ebrei tedeschi cercheranno di lasciare la Germania cercando rifugio in altri Stati. Ma solo chi andrà in America si salverà. Quasi tutti gli altri saranno raggiunti dal carnedice nazista e uccisi nei campi di sterminio.
............
Infine un 9 novembre di festa, saranno cristalli che si innalzano al cielo per brindare... è la fine di 28 anni di separazione. Cade il Muro di Berlino. E' il 9 novembre 1989. Sono passato 20 anni da quell'incredibile avvenimento. Un Muro di cemento armato alto oltre 4 metri che correva lungo Berlino per oltre 150 km, una prigione a cielo aperto fortificata come nessun' altra al mondo, lingua di terra di nessuno, campo minato, cavalli di fresia, cani addestrati anti-uomo, Vopos con il colpo in canna... questo era quel maledetto Muro della Vergogna che ha separato persone, affetti, blindato sentimenti e progetti, minato fin nel profondo la libertà di pensiero e di azione.... Quel Muro si è letteralmente sbriciolato e tutto cominciò nella notte del 9 Novembre 1989. Ancora un 9 Novembre nella Deutsche Geschichte!
...Ed è con una straordinaria festa che si è svolta la celebrazione dei venti anni dal Mauerfall il 9 Novembre 2009!

Saturday, November 07, 2009

Esther Hautzig è morta a New York.
Era nata nel 1930 a Vilnius.
Esther incarna tutto il dolore degli ebrei dell'Est. Sfuggirà alla Shoah, ma sarà deportata bambina con la madre e la nonna dalle truppe di Stalin in Siberia...
Ma per conoscere Esther Hautzig bisogna conoscere almeno un po' la storia di Vilnius e allora torno a postarvi quanto già scrissi un paio di anni fa ...
Vi riporto a Vilnius, la capitale della Lituania, città che ha conosciuto vicende incredibili, politicamente contesa dai sovietici e dai tedeschi, ha avuto periodi di raro splendore culturale, ma anche massacri e sofferenze disumane. Il dramma di Vilnius è la tragica conseguenza del protocollo segreto del Patto Molotov- Ribbentrop che prevedeva la spartizione dell'Europa Orientale fra russi e tedeschi. Dopo l'invasione della Polonia da parte delle truppe naziste il 1° settembre 1939, l'Armata Rossa invase la Polonia Orientale e conquistò Vilnius: era il 19 settembre del 1939. Sarà per Vilnius e per tutta la Lituania un Inferno, un susseguirsi di eccidi. I sovietici rimasero fino all'arrivo dei tedeschi, nel giugno del 1941.......I nazisti perpetrarono uccisoni di massa, soprattutto gli ebrei vennero massacrati senza pietà, le Aktionen delle Einsatzgruppen uccisero migliaia di persone e ne cancellarono completamente le tracce. Nella città vecchia di Vilnius furono aperti due ghetti. Il ghetto piccolo venne "liquidato" quasi subito. Il ghetto grande rimase aperto fino al 1943. Ma i massacri erano all'ordine del giorno...... C'è un posto fuori Vilnius che se potesse raccontare.... è il bosco di Ponary, quanto dolore si è consumato lì!I gerarchi nazisti che si sono succeduti nei posti di comando in Lituania sono stati tanti e tutti si distinsero per la loro ferocia. Alcuni nomi: Martin Weiss, Rolf Neugebauer, August Hering, Franz Murer, Bruno Kittel...Ma dobbiamo al meticoloso, maniacale Karl Jaeger la raccolta dati che ci permette di valutare l'entità del dramma. E' l'autore del "rapporto Jaeger" tabelle che contengono e tramandano alla storia l'elenco dettagliato delle persone che vengono uccise, un elenco che indica il giorno e il numero di uomini, donne e bambini.... e alla fine della tabella il famigerato Jaeger fa anche il totale. Nell'arco di pochi mesi i bambini ebrei della Lituania uccisi saranno 34.464.....
Alla fine della guerra Jaeger sotto falsa identità farà l'agricoltore e continuerà a vivere tranquillamente fino a quando non verrà individuato e imprigionato. E' il 22 gugno del 1959 quando Karl Jaeger in attesa di processo si suicida......

Vilnius era la culla della cultura ebraica dell'Est, gli ebrei di Vilnius leggevano tantissimo, anche durante la ghettizzazione la biblioteca pubblica la "casa della Cultura" lavorava a pieno ritmo. Tutto a Vilnius era impregnato di cultura ebraica, tanto che la città veniva chiamata la 'Gerusalemme della Lituania'. All'inizio della guerra gli ebrei a Vilnius erano 60.000.Alla fine della guerra a Vilnius non c'è nessun ebreo......Il dolore del popolo ebraico massacrato di Vilnius viene raccontato da Icchokas Meras che con il suo "Scacco perpetuo" editore Giuntina, erige un Monumento agli ebrei della 'Gerusalemme della Lituania'.
...........

Esther Hautzig sarà liberata dalla deportazione in Siberia nel 1946 e si trasferirà negli Stati Uniti. La sua drammatica esperienza è tutta nel libro autobiografico che le valse numerosi, meritati riconoscimenti. "La steppa infinita" racchiude tutto il dolore di Esther, tutte le ferite di Vilnius.

Tuesday, November 03, 2009

1° novembre 1944
Da Birkenau parte un trasporto di 634 donne ebree.
Vengono trasferite dal KL Auschwitz II (Birkenau) al KZ di Bergen Belsen.
In questo trasporto c'è una donna che ci riporterà un ricordo, un respiro... di Anne e Margot Frank.
Il suo nome d'arte è Lin Jaldati. Nata ad Amsterdam nel 1913, fin da bambina dimostra talento artistico, una passione forte per il canto e per la danza... sposa un pianista berlinese, avranno una bimba... Ma Lin è ebrea e l'invasione nazista dell'Olanda nel maggio 1940 fa paura.
Lin Jaldati cerca scampo nascondendosi, ma verrà scoperta, internata nel luglio 1944 nel Lager di smistamento di Westerbork e poi, deportata a Auschwitz-Birkenau.
Quando in novembre da Birkenau arriva a Bergen Belsen ha modo di incontrare Anne e Margot...
.....
Lin Jaldati sopravvive e ci racconta nei suoi Erinnerungen an Anne Frank di Anne... Anne era vicino alla porta nella Baracca, il posto peggiore perchè faceva freddo, sempre freddo e Anne supplicava in continuazione di chiudere la porta.
Questo è l'ultimo respiro di Anne, la sua supplica: "Tür zu, Tür zu... chiudete la porta"
Leggo e riporto dal Kalendarium di Danuta Czech questo terrificante Resoconto:

- Dal 1° al 31 ottobre 1944 a Birkenau perdono la vita 3836 internate registrate.
Di queste 3758 nella camera a gas. In questo numero non sono comprese le donne che all'arrivo a Birkenau sono mandate subito a morte nella camera a gas.
"Registrate" significa che erano state tatuate, tenute cioè in vita per essere usate come "schiave" a costo zero, per poi eliminarle quando sfinite, senza capelli, malate, disperatamente affamate... non serviranno più al carnefice nazista e le butterà via -

Ma noi siamo qui a ricordarle, a richiamarle alla Memoria.